IL TEATRO GRECO DI SIRACUSA BENE COMUNE
La spinosa “questione del Teatro Greco di Siracusa” si trova al centro di attenzioni fra il mondo della cultura e quello della politica e dei politici. Persone, queste ultime, i cui ragionamenti odierni risultano improntati alla cultura (?) usa e getta, per la quale ogni impresa, ogni bene comune, devono essere spremuti a fino alla morte purché portino soldi immediati e voti. Persone per dna non in condizione di comprendere le esigenze di conservazione di un teatro di pietra unico nel mondo greco. Pensare che, più di cento anni fa, nel 1914, Paolo Orsi raccomandava la periodicità triennale delle rappresentazioni per garantire la conservazione di quell’irripetibile monumento.
Il Teatro Greco di Siracusa non ha bisogno di presentazioni. È semmai utile ricordare che essendo stato costruito a partire dal V secolo A.C. è giunto a noi interpretando 2500 anni di storia e superandone altrettanti di offese del tempo.
Il Teatro Greco di Siracusa è Bene Comune nell’accezione più completa del significato. Per gli antichi, era luogo di quel bene comune che la tradizione greca attribuiva all’attività teatrale, allora considerata una forma di attività istituzionale, la cui fruizione era come tale concessa a tutti i cittadini, anche ai più poveri.
Il Teatro è Bene tutelato dal riconoscimento UNESCO, essendo parte integrante del sito Siracusa e le Necropoli Rupestri di Pantalica. Gli atti pubblicati in quella occasione dal Centro del Patrimonio Mondiale UNESCO, responsabile dell’iscrizione dei siti al Patrimonio Mondiale (2005), fanno esplicito riferimento al regime di tutela cui il monumento è sottoposto, o meglio, al quale appariva sottoposto in virtù delle formalità delle quali si era allora a conoscenza.
Una sua particolarità costituisce, nei fatti, la prima minaccia alla corretta conservazione, poiché si tratta di teatro scavato su roccia calcarea tenera, a differenza dei teatri di Taormina e di Verona, costruiti con tecniche e matrici differenti, in realtà poi ricostruiti con materiali rimpiazzabili. Si tratta, pertanto, di un manufatto che la sua unicità e la stessa fragilità rende ancora più prezioso, soggetto com’è all’erosione chimica, all’abrasione meccanica e, più in generale, alle sollecitazioni di vario tipo.
Lo studio in corso sulla situazione del Teatro Greco di Siracusa con tecniche attuali non inficia i risultati di indagini già effettuate e rese note. Le quali indagini già pongono in risalto a sufficienza le precarie condizioni del Teatro e il da farsi. Che le sue antiche pietre siano cariate e alveolizzate lo si legge nelle parole di Lorenzo Lazzarini, ordinario di Petrografia Applicata e Georisorse Minerarie dell’Università di Venezia, per il quale occorrono “il diserbo dalle piante superiori, la pulitura dai sali solubili, il consolidamento dove necessario, la protezione superficiale. Da qui una manutenzione straordinaria di tutto il teatro e poi la manutenzione programmata nel tempo perché è ovvio che un isolato intervento non dura per sempre. Il monumento va tenuto costantemente sotto controllo.”
Operazioni, tutte queste, che contrastano con la copertura lignea, e relativi appoggi, collocata per molti mesi dell’anno e tutti gli anni, al di là dell’insulto che essa infierisce alla fruizione del teatro espressamente voluta dal Codice dei Beni Culturali.
Risultano pertanto poco comprensibili, al meglio che si possa dire, le posizioni caute e sdrammatizzanti del direttore del Parco Antonello Mamo, il quale mettendo avanti “indagini che richiedono tempo” – ignorando quelle già svolte – apre la strada al sovraccarico di manifestazioni previsto per l’anno corrente, contraddicendo e gettando acqua sui recenti allarmi provenienti da fonti dello stesso Assessorato ai BBCCPP.
Poco comprensibili, ma non sorprendenti, se si tiene conto delle nefaste gerarchie, e delle corrispondenti sudditanze, con le quali si orchestrano i beni culturali della Regione Siciliana da parte di bacchette piegate dai poteri e ai voleri di una politica troppo spesso proterva e ignorante.
Dal 2010 il Teatro è uno dei monumenti ascritti al Servizio Parco Archeologico di Siracusa e delle aree archeologiche dei Comuni limitrofi, organo periferico della Regione Siciliana, Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana. Successivamente, dal 2016 al 2019 ebbe luogo la pubblicazione di quei decreti che porteranno alla nomina della Commissione di Valutazione, alla quale verrà demandata, detto in soldoni, la formazione del calendario degli eventi.
Dunque, sembrerebbe che agli Enti di governo del territorio e dei BBCC, ciascuno secondo le proprie competenze, è devoluta – o dovrebbe essere devoluta – la custodia, al fine di tramandarlo ai posteri nelle condizioni nelle quali è pervenuto, se non migliori, grazie ai moderni ritrovati delle tecniche conservative.
Invece, qui si innestano e si intrecciano fra loro le questioni delle condizioni dell’organico dell’Assessorato e della gestione dei Beni Culturali nella Regione Siciliana. Per quanto è noto, dei 23 Parchi Archeologici siciliani, solo la Soprintendenza del Mare annovera un archeologo. Sulle alcune centinaia di dipendenti in carico ai BBCC della Regione, si annoverano poco più di 40 Tecnici assistenti restauratori, a supporto di 5 o poco più Restauratori, le uniche figure ad avere competenze in materia di conservazione e restauro, a fronte di un patrimonio archeologico e monumentale immenso. Situazioni che mostrano con chiarezza come la conservazione e il restauro non facciano parte del dna della Regione Siciliana.
Sul fronte della gestione, la decisione di come, dove e quanti eventi collocare in ciascuno dei preziosi teatri antichi siciliani, in aggiramento al Codice dei BBCC, è affidata a una Commissione di Valutazione composta da competenze che appaiono esterne alla gestione e alla conservazione di tali beni. Il massimo segnale che la Regione ha saputo e voluto dare di sé stessa è il parere del Direttore del rispettivo Parco Archeologico, con voto consultivo anziché deliberativo. Mentre, la Sovrintendenza, la quale è competente sulla conservazione, viene avvisata a cose fatte (a calendario concerti approvato, per intenderci).
A fronte dello straordinario patrimonio di Beni Culturali di cui la Sicilia è dotata, occorre, quantomeno:
- ristrutturare profondamente l’Assessorato Regionale, dotandolo di dirigenti competenti e autorevoli nel campo dei BBCCPP.
- Dotare la Regione – al centro come in periferia – di personale qualificato, a partire dal sanare la assoluta carenza di restauratori, unici competenti nel restauro e conservazione dei siti monumentali.
- Restituire dignità e potere ai Sovrintendenti, il cui voto consultivo a fronte di personaggi in-competenti è un insulto.
- Rispettare il codice BBCCPP – ma anche la stessa Carta di Siracusa per la conservazione, fruizione e gestione delle architetture teatrali antiche – in merito alla valorizzazione dei beni culturali, che vede tutt’altra cosa dell’occupazione mercantilista dei luoghi, in quanto pone in cima le esigenze di conservazione e di fruizione dei monumenti nella veste tramandata dalla Storia.
- Risolvere definitivamente il basso equivoco della pretesa valorizzazione economica – cosa di per sé non esecranda – eliminando l’impostazione neoliberista basata sullo sfruttamento immediato di un bene senza prevederne la cura e la reintegrazione, fino a portarlo a consunzione. Negazione, questa, dei principi dell’economia della gestione dei beni, ma cifra costante del più becero neoliberismo oggi imperante per corruzione, sudditanza ai grandi gruppi, totale ignoranza delle regole basali della convivenza sociale.
Occorre, insomma, risolvere quei penosi equivoci che mettono a dura prova la sopravvivenza del Teatro e che sono connessi a tre fattori, ovvero alle peculiarità costruttive del monumento, alle questioni dirigenziali e gestionali dei BBCCAA della Regione Siciliana, al grave equivoco di natura basso – neoliberista che si pone alla base del vocabolo “valorizzazione”. A sua volta connesso alla inadeguata qualità della politica regionale e alla sudditanza a quelle lobbies che pretendono di fare cassa a basso prezzo sfruttando beni comuni di enorme significato storico culturale. In definitiva, per citare A. L. Tarasco, “ … indipendentemente dalla qualitas giuridica del gestore, il criterio determinante per l’affidamento del servizio sarebbe stato costituito esclusivamente dalla capacità di mettere a reddito (id est, far fruttare) l’asset culturale, pur se nel doveroso ed inderogabile rispetto per le esigenze di tutela (salva rerum substantia) e valorizzazione (incremento della conoscenza e della fruizione pubblica).” Se ne tenga conto, una volta per tutte.