Cotone fra desideri e realtà
ll cotone è una pianta molto bella a vedersi e della quale non potremmo fare meno. Ma è anche una coinvolgente metafora della nostra Isola. Bella e interessante, nasconde realtà difficili e complesse.
La moderna coltivazione del cotone è molto distante da quella che possono ricordare i più anziani. I quali ricorderanno le ferite inferte alle mani durante la raccolta, i danni muscoloscheletrici per le posture assunte, i disagi connessi al dovere operare più passaggi in campo con piante e terreni bagnati dalla pioggia per raccogliere a mano fino all’ultimo bioccolo. Per evitare tutto ciò, oggi quella del cotone è una coltivazione fortemente industrializzata, esigente in termini di meccanizzazione e, purtroppo, anche di fitofarmaci distribuiti sia sul terreno, sia sulle piante. Attualmente, meritorie tecniche fondate sulla riduzione degli input chimici vengono portate avanti anche in Sicilia; tuttavia, non si può ignorare che pur occupando circa il 2,5% del terreno coltivabile nel mondo, si stima che il 25% – 30% dei fitofarmaci utilizzati in agricoltura a livello mondiale vengono distribuiti nell’industria del cotone.
Come primo atto della coltivazione, sono necessari interventi meccanizzati per regolarizzare le superfici dei terreni al fine di predisporli al passaggio della seminatrice di precisione, delle macchine che effettueranno i trattamenti chimici e delle grandi macchine raccoglitrici. Se vi fossero presenti pietre, queste andrebbero preliminarmente raccolte ed eliminate, come eliminato sarà qualsiasi altro ostacolo presente sul terreno, al fine di permettere il transito e l’esercizio delle sofisticate macchine raccoglitrici.
Le operazioni meccanizzate proseguono anche dopo la raccolta del prodotto, poiché gli stocchi che residuano dalla raccolta rimanendo radicati sul terreno devono essere trinciati e ridotti in piccoli pezzi, prima di essere interrati con tutte le cautele agronomiche del caso. Per l’aratura profonda, che seguirà la trinciatura, occorreranno trattrici di potenza non trascurabile, mediamente pari a 75 kW (100 CV).
La deposizione nel terreno del seme e, contemporaneamente, del geodisinfestante, agrofarmaco la cui funzione è quella di proteggere il seme dagli insetti terricoli, è operazione da eseguirsi con massima cura e con macchine adatte. Infatti, il seme deve essere depositato in una quantità di 7 – 12 semi per metro quadrato, ad una profondità scelta fra 2 e 8 cm in rapporto al tipo di terreno e alla sua temperatura (quella ottimale si attesta sui 14°C). L’utilizzo di una ottima seminatrice di precisione è legata anche alla distanza delle file, che dovrà obbligatoriamente essere contenuta fra 96 e 102 cm fra loro. Questo requisito deve essere rigorosamente rispettato affinché la raccolta avvenga con le cotton picker, grandi macchine raccoglitrici simili a mietitrebbie per grandezza e alti costi di esercizio.
Ritornando alle numerose operazioni colturali che vengono eseguite dopo la semina, dopo una decina di giorni da questa operazione può essere necessario ricorrere alle macchine operatrici “rompicrosta”. Altrimenti, la crosta superficiale che in determinate condizioni si viene a formare sulla superficie del terreno giunge a impedire o ritardare fortemente l’emergenza dei germogli, compromettendo l’esito della coltivazione. Massima attenzione dovrà essere posta contrastare la crescita delle piante infestanti, sia per eliminare l’effetto di competizione che queste esercitano nei confronti della coltura principale per i nutrienti e per l’acqua, sia perché il pigmento clorofilliano contenuto nelle parti verdi macchierebbe il bioccolo al momento della raccolta, riducendo o annullando il valore commerciale. A questi fini, sono disponibili principi attivi che vengono distribuiti sul terreno con effetto diserbante, le cui quantità dipendono sia dalle fasi fenologiche della coltura, sia dalla natura e dalle condizioni del terreno. Oltre ai questi agrofarmaci, altri dovranno essere distribuiti sulla coltivazione, al fine di proteggerla da numerose tipologie di insetti in grado di ridurre il prodotto in quantità e qualità. Questa operazione deve essere condotta con estrema cura e consiste nell’irrorare la vegetazione con macchine irroratrici che dovranno essere ben schermate, al fine di evitare la contaminazione dei bioccoli con parti in movimento o comunque sporche di grassi e lubrificanti.
Prima della raccolta, che avviene nel mese di ottobre, cura estrema viene posta verso tutti quegli accorgimenti agronomici che mirano a bloccare la naturale crescita delle piante di cotone. Infatti, l’alto costo della raccolta meccanica obbliga ad effettuare un unico passaggio in campo e, pertanto, la maturazione dei bioccoli presenti in campo dovrà essere sincronizzata. Questo obiettivo viene raggiunto sia bloccando in anticipo la nutrizione della pianta – concimazioni e irrigazioni dovranno essere sospese per tempo – sia e soprattutto distribuendo in campo prodotti chimici defoglianti. Questi hanno l’ulteriore scopo, essenziale per il successo della coltura, di eliminare le parti verdi della stessa pianta del cotone, ricche in clorofilla che finirebbe per macchiare i bioccoli, con le note conseguenze.
Inoltre, il corretto funzionamento delle testate raccoglitrici, dispositivi altamente sofisticati, verrebbe fortemente ostacolato dalla presenza di parti verdi delle piante (foglie, parti del fusto, ecc). La distribuzione dei defoglianti avviene con irroratrici a “trampolo”, per via della coltura ormai sviluppata in altezza, dotate di barra orizzontale dalla quale discendono negli interfilari condotti verticali (“pendoli”) muniti di ugelli dai quali i defoglianti vengono irrorati uniformemente sulle colture.
La raccolta è attuata con grandi macchine semoventi (GMAOS) che per funzionare correttamente debbono operare su campi resi idonei e pertanto spietrati e livellati meccanicamente prima della semina, ben irrigati, senza infestanti e dunque diserbati, con piante prive di foglie e di parti verdi e dunque defoliate (disseccate). Le macchine raccoglitrici dovranno effettuare la raccolta in unico passaggio per via degli alti costi orari (€/h) e su colture molto produttive, in ragione degli alti costi per unità di superficie (€/ha) e di prodotto raccolto (€/kg). Il terreno dovrà essere sodo e non umido, per poter sostenere il transito delle macchine senza danneggiarsi e la raccolta dovrà essere programmata per essere completata in un periodo ristretto, prima delle piogge autunnali che rovinerebbero il bioccolo (e impedirebbero il transito delle macchine raccoglitrici). Infatti, con il peso dell’acqua il bioccolo imbibito “fila”, diventa non raccoglibile dalla macchina e riduce o perde il suo valore commerciale.
In campo dovranno entrare anche gli autocarri che riceveranno il prodotto dalla raccoglitrice e lo dovranno recapitare, con più viaggi, verso l’impianto di lavorazione. Qui, con complessi macchinari, i bioccoli subiranno trattamenti di separazione dei semi. La successiva preparazione commerciale richiede specifiche tecnologie che comprendono diversi interventi meccanici e chimici.
Il cotone richiede grandi quantità di acqua per crescere (si citano impieghi di 29 tonnellate di acqua per produrne un chilogrammo!) tanto che in Andalusia si reputava indispensabile poter derivare gratuitamente l’acqua del Guadalquivir per raggiungere, sommando le previdenze comunitarie, la parità dei conti, nonostante i macchinari consortili e una attentissima organizzazione del lavoro delle cooperative.
Il cotone è una coltivazione estremamente interessante e andrebbero certamente incoraggiata con opportune ricerche in grado di modificare l’intera filiera produttiva, mettendo a punto tecniche di coltivazione meno impattanti delle attuali. Dovrebbero essere affrontati e risolti i numerosi punti critici che la caratterizzano e la affliggono, costituiti dalla richiesta di significative risorse irrigue, dai trattamenti chimici sia al terreno, sia alle piante, dalla costosa meccanizzazione, tutti fattori che ne ostacolano la diffusione, come inducono a ritenere i modesti risultati dei tentativi condotti in Sicilia nella metà degli anni ’80 e poi mai più ripetuti su quella scala.
Giampaolo Schillaci – P.O. Meccanica Agraria UNICT