BRUCIAMO IL FUOCO
IPOTESI DI LAVORO SULLA PREVENZIONE E SUL CONTRASTO DEGLI INCENDI IN SICILIA
Nel 2017 il fuoco ovunque divorò boschi e case. Per la Sicilia si trattò dell’ennesima replica e chiunque percorra i territori e i monti, per lavoro o per escursionismo, conosce bene le ferite ancora a distanza di anni aperte e visibili. Il fuoco non parte da solo, ha bisogno di una mano se non di più mani, ma il vigore con cui divora natura e futuro ha a che fare con l’abbandono dell’agricoltura, il degrado ambientale, la deformazione culturale, la disorganizzazione dei servizi. Di conseguenza, molte sono le azioni di contrasto che possono e debbono essere progettate e messe in atto
- I roghi del 2017 – Diffusione e intensità
- Scenario normativo e amministrativo
- Lo scenario in Sicilia
- Gli incendi: perché?
- Rimedi: ipotesi e proposte
- La Società Civile e l’Osservatorio Regionale per la Difesa del Territorio dagli Incendi
- Conclusioni e Prospettive
- Fonti
I roghi del 2017 – Diffusione e intensità
Fino a circa metà estate 2017 in Europa, il fuoco ha bruciato un’area forestata pari alla superficie del Lussemburgo, con 677 roghi in tutta l’Unione, con in incremento del 215% rispetto alla media del periodo 2008/2016. Fuori dall’Europa, sono stati avvolti dalle fiamme Paesi non solo esposti per ovvie ragioni come il Sudafrica, ma organizzati come la California e nell’immaginario collettivo esenti dal rischio incendi, come il Canada.
Una fotografia di quanto accade nel nostro Paese la fornisce il capo dell’Ufficio Stampa della Protezione civile nazionale, Francesca Maffini: «Il numero così alto di eventi e di interventi – spiega – registrato in questi primi giorni di luglio rappresenta una anomalia. Ieri [10 luglio] siamo arrivati a 48 richieste di interventi dalle regioni, numero mai raggiunto in assoluto il 10 luglio di qualsiasi anno. Se consideriamo il periodo che va dal 15 giugno al 10 luglio, possiamo dire che quest’anno siamo arrivati a 391 richieste, nel 2007 erano 285, nel 2012, 233». Il prefetto Bruno Frattasi, capo del Dipartimento dei Vigili del fuoco del Ministero dell’Interno, segue gli sviluppi della giornata dalla sala operativa. «Alle 16.06 la situazione ė la seguente. Sono attualmente in corso 514 interventi di soccorso – spiega il prefetto – di questi, 336 sono interventi per incendi boschivi, di vegetazione, di aree boscose o coltivate».
Il Dossier Legambiente, attingendo ai dati inviati dai satelliti dell’Agenzia Spaziale Europea, pone in evidenza le superfici cifre che riguardano le regioni maggiormente coinvolte: Sicilia 13.052 ettari in quasi tutte le province; Calabria 5.826 ettari; Campania 2.461; Lazio 1.635; Puglia 1.541; Sardegna 496; Abruzzo 328; Marche 264; Toscana 200; Umbria 134; Basilicata 84 ettari. Dalla metà di giugno al 12 luglio, sono andati in fiamme 26.094 ettari di territorio essenzialmente boschivo: il 93% dei territori andati in fumo in tutto l’anno precedente. Le Regioni più colpite sono state nell’ordine: Sicilia, Calabria, Campania, Lazio, Puglia e Sardegna.
I danni connessi agli incendi dei boschi alla salute umana, all’igiene ambientale, all’economia e alle capacità finanziaria delle comunità, sempre meno aiutate dallo Stato per effetto della crisi, sono incommensurabili. Un albero significa meno ossigeno per18 persone. Le piogge intense ormai tipiche dei nostri ambienti daranno origine a colate di fango e di detriti, alle quali corrisponderanno a monte il denudamento delle pendici e a valle le devastazioni che in questi ultimi anni abbiamo cominciato a conoscere in tutta la loro drammaticità.
In definitiva, a metà estate in Sicilia sono già andati in fiamme più di 20.000 ettari, buona parte nelle aree protette e nei siti Natura 2000. Sono andati a fuoco superfici contenute in are di grande pregio culturale e turistico, come la Valle dell’Anapo, ma anche boschi molto vicini ai centri urbani e molto cari ai cittadini, come quelli adiacenti a Chiaramonte Gulfi.
La Regione Sicilia deve dotarsi per tempo di un Piano di prevenzione degli incendi e verificare, sempre per tempo, che al Piano corrispondano adeguate dotazioni di uomini, mezzi, fondi, procedure e controlli e la Società Civile dovrà avere un ruolo nel controllo, nella prevenzione e nella difesa attiva.
Scenario normativo e amministrativo
La Riforma Madia si inserisce in questo quadro drammatico di degrado ambientale e di esplosione degli incendi. Nel 2016 la Riforma ha portato allo scioglimento del Corpo forestale dello Stato e all’assorbimento dei suoi effettivi tra Carabinieri (6.400 unità) e Vigili del Fuoco (appena 360 unità). Da quanto si legge, dei 30 elicotteri in dotazione al Corpo Forestale in grado di spegnere incendi 13 sono andati ai Carabinieri, che li hanno destinati ad altro uso. Dei 17 in dotazione ai Vigili del Fuoco, solo 7 sono stati adoperati contro gli incendi. Dei 2000 tra dirigenti e operatori che si occupavano delle attività anti-incendi solo 300 sono passati ai Vigili del Fuoco. Il governo avrebbe dovuto emanare entro il 16 novembre 2016 il decreto per trasferire risorse finanziarie e strumenti del Corpo forestale in particolare ai Vigili del Fuoco, ma ciò non è accaduto.
Molte Regioni sono in grave ritardo rispetto alla definizione e approvazione di Piani antincendio boschivi. Ed il Ministero dell’Ambiente è a sua volta in ritardo sull’approvazione dei Piani per i 23 parchi e riserve nazionali. Solo 13 sono al momento vigenti, ma in 8 di questi l’iter non si è ancora concluso (estate 2017).
Nella nostra Regione, la quantità dei terreni compromessiassume proporzioni imponenti, poiché le aree critiche soggette alla desertificazione rappresentano il 56,7% dell’intero territorio e quelle “fragili”, nelle quali una qualsiasi alterazione del delicato equilibrio tra fattori naturali e le attività umane può portare alla desertificazione, rappresentano una quota pari al 35,8 % del totale. Solo il 5,8% e l’1,8 % delle aree della Sicilia presentano rispettivamente una sensibilità potenziale oppure nulla alla desertificazione.
In Sicilia si aggiungono poi le gravi inefficienze proprie della Regione Siciliana, a partire dallatardiva sottoscrizione della convenzionefra questa e la Protezione Civile, sottoscrizione è avvenutail 6 luglio, a stagione calda inoltrata e con l’Isola già preda degli incendi.
Ne sono conseguite le mancate assunzioni degli operai forestali stagionali e dunque la mancata esecuzione delle operazioni di prevenzione, fra queste citiamo la pulizia del sottobosco, la realizzazione di viali parafuoco e la manutenzione di quelli esistenti. Né si è provveduto alla manutenzione dei mezzi antincendio della Forestale e del Corpo Forestale. A metà luglio sono stati assunti solo gli operai “centocinquantunisti”, cioè quelli che in un anno effettueranno in totale 151 giornate lavorative, i quali rappresentano una parte del totale di forza lavoro da assumere per effettuare i lavori previsti.
Tuttavia, le trascuratezze non riguardano l’ultimo periodo. Le aree boschive sono state lasciate per anni al loro destino senza alcuna opera di prevenzione: le fasce tagliafuoco esistenti non vengono diserbate con costanza, i bacini di accumulo dell’acqua non sono sufficienti, il sottobosco spesso rimane non pulito e gli alberi caduti non vengono rimossi. Gli operai forestali vengono assunti con ritardo, talvolta in pieno inverno, quando i lavori previsti non si possono effettuare con la necessaria efficacia. Si può affermare che il Servizio Antincendi Boschivo è stato poco alla volta ridimensionato. Persino il sistema delle altane (torrette) di controllo è stato abbandonato, ma non sostituito da altri sistemi di controllo del territorio.
Il fatto che il fuoco sia percorrendo Paesi senza distinzioni di latitudine e con grandi diversità culturali reciproche pare dimostrare che deve necessariamente esservi un minimo comune denominatore e questo appare ragionevolmente identificabile nell’aumento della temperatura media globale di almeno un grado dalla Rivoluzione industriale ad oggi, ovvero da quando l’umanità ha iniziato a emettere gas serra nell’atmosfera.
A Parigi, nel 2015, 196 Paesi hanno concordato di limitare il riscaldamento a 2 °C entro fine secolo, ma probabilmente non basterà, dal momento che le ondate di calore e la siccità peggioreranno anche se verrà rispettato l’accordo di Parigi. Non vi è dubbio, però, che ogni Paese debba mettere in atto strategie proprie, non per un impossibile “tornare indietro”, ma per affrontare il cambiamento.
Anche se cause di innesco sono da attribuire pressoché per la totalità alla mano dell’uomo per colpa o per dolo, Giorgio Vacchiano (Ricercatore SISEF – Società Italiana di Selvicoltura e Ecologia Forestale) sostiene che, in un patrimonio boschivo in salute, “a molte accensioni corrispondono pochi incendi”.
Se temperature molto elevate e siccità prolungate aumentano notevolmente il rischio d’incendio, nella nostra Isola il materiale combustibile è aumentato a dismisura negli ultimi anni, per effetto dell’abbandono del territorio rurale e per la sempre minore manutenzione e cura dei boschi, privati e pubblici.
La crisi dell’agricoltura, la fuga dalle campagne favorisce l’accumulo di grandi masse di combustibile non gestito che è facile preda delle fiamme. I terreni agricoli abbandonati danno luogo a superfici forestali in evoluzione (praterie, garighe, macchia) sede di grandi masse di vegetazione facilmente preda d’incendi, la cui manutenzione non può essere coercitivamente e sbrigativamente affidata ai proprietari, se non in qualche caso.
L’innesco degli incendi non avviene (quasi) mai per ragioni naturali. Fra queste, le azioni della mafia dei pascoli o di irresponsabili allevatori isolati, le speculazioni edilizie e relative a contribuzioni pubbliche, pressioni e conflitti sociali, la negligenza o la trascuratezza che riguardano pratiche agricole inappropriate (bruciature delle stoppie, della sterpaglia o di residui vegetali …), la distruzione di rifiuti. Come non vanno trascurati i roghi causati dai piromani per ragioni legate a emulazione, protagonismo, odio sociale.
Né si può escludere la necessità di porre molta attenzione al mondo connesso alle operazioni di contrasto, spegnimento e successivo rimboschimento, che potrebbe assumere tutte le caratteristiche di nuovo business per le mafie.
La letteratura e le testimonianze di questi giorni offrono numerosi spunti, ai quali se possono aggiungere altri.
In termini di prevenzione culturale, alla deterrenza delle pene e alle numerose azioni che possono essere svolte si aggiunge quella di proporre con insistenza l’equazione “un bosco equivale ad una persona”. Ciò, oltre a rendere maggiormente comprensibile la pesantezza delle condanne, aiuta a metabolizzare nella coscienza collettiva l’enorme gravità connessa all’incendio di un bosco, che sia frutto di azioni volontarie, colpose o preterintenzionali. Si propone di intraprendere azioni informative ed educative idonee a diffondere l’entità del danno corrispondente all’incendio dei luoghi naturali e l’eguaglianza “bosco – persona”.
In termini di deterrenza, divengono significative le contestazioni che possono essere mosse ai piromani. Possono essere contestati oltre ai reati della legge del 2000 sugli incendi (che ha inserito il delitto di incendio boschivo previsto all’articolo 423 bis del codice penale, che a sua volta prevede la carcerazione fino a 10 anni), anche il delitto di disastro ambientale della legge 68 del 2015 sugli ecoreati (articolo 452 quater del codice penale, con la reclusione fino a 15 anni + aggravanti). Dunque, il combinato disposto delle due leggi, se applicate, diventano un deterrente importante. Bisogna divulgare l’entità delle pene che verranno comminate a chi sarà ritenuto colpevole di procurato incendio.
In termini di contrasto all’innesco e alla propagazione degli incendi, la gestionedei boschi esistenti rende i boschi resilienti, meno suscettibili agli incendi e più rapidi nel riprendersi. La costituzione dei nuovi boschi dovrà avvenire secondo criteri di scelta delle essenze (autoctone o comunque resilienti) e delle modalità di impianto e gestione particolarmente attenti alle criticità imposte dal mutamento climatico e dalla diminuzione delle risorse da impiegare nella manutenzione. Secondo la dirigente del servizio di sviluppo rurale della Regione Siciliana Dorotea Di Trapani, occorrerebbero 249 unità per tutelare 160.000 ettari di bosco e invece mancano 133 figure competenti per predisporre i progetti di manutenzione e per la loro gestione amministrativa. Occorre favorire la gestione del bosco e adeguare il personale regionale in quantità e professionalità.
Il controllo del territorio è necessario, anche seriporre ogni speranzanella militarizzazione è errato e controproducente. In un quadro di possibile evoluzione delle attività legate al crimine e allo sfruttamento di nuove correnti di finanziamenti, le aree boscate possono divenire “i nuovi obiettivi sensibili”. Esercito e Volontari appositamente formati – tra i quali migranti e richiedenti asilo -possono collaborare per il controllo e la prevenzione degli incendi. Al Comando centrale dei Carabinieri può essere chiesto di rinforzare il Corpo dei Carabinieri forestali [1] al fine di disporre di più uomini e più mezzi.
La presenza attiva dell’uomo nel territorio, l’impianto di attività nelle aree naturali di pregio, compatibili o rese compatibili con i criteri della sostenibilità, significa ottenere la più efficace ed efficiente azione contro il dolo e le azioni colpose o peggio criminose. Al comparto della formazione regionale può essere chiesto di contribuire ad una accurata revisione dei regolamenti di gestione e delle attività consentite, insieme ad una formazione attenta dei volontari e degli abitanti, anche delle aree limitrofe, formazione resa obbligatoria per chiunque intenda esercitare attività – o anche solo risiedere – nelle aree naturali.
La Società Civile e l’Osservatorio Regionale per la Difesa Attiva del Territorio dagli Incendi.
Esigenza di innovazione nelle tecnologie e nelle procedure, necessità di poter disporre di un organismo agile, non burocratizzato, di reale supporto alla pubblica amministrazione, notoriamente soffocata da sé stessa e dalle emergenze in realtà rappresentate dalla gestione dell’ordinario, nel quale organismo le competenze – non rispondenti alla logica dei partiti – si dispieghino a reale vantaggio della comunità, porta a chiedere la istituzione di un Osservatorio Regionale per la Difesa Attiva del Territorio dagli Incendi.
Infatti, è innegabile che quella degli incendi rappresenta un’area emergenziale per affrontare la quale occorrono grandi tempestività, competenze, mezzi, procedure, fondi e un forte coordinamento, e ove il tutto deve essere predisposto per tempo. In questi processi può e deve essere immessa la Società Civile nei processi, ponendola in grado di esercitare un controllo stringente del rispetto del cronoprogramma dei provvedimenti amministrativi per la prevenzione degli incendi, a partire dal Piano Regionale Antincendio e compresa l’assegnazione delle risorse finanziarie, dei mezzi tecnici, di personale addestrato che sia ben dislocato, motivato, numericamente sufficiente.
Compito primario dell’Osservatorio è anche quello di fornire un contributo alla ricerca di innovazioni nel campo della prevenzione, dell’intervento, della ricostruzione delle aree naturali percorse dal fuoco potrebbe avvenire nell’ambito dell’Osservatorio regionale contro gli incendi, nel quale le competenze delle associazioni ambientaliste, degli esperti e dei funzionari dell’Amministrazione regionale, verrebbero a combinarsi fruttuosamente. Altro compito, non disgiunto dal primo, starà nella partecipazione alla utilizzazione tecnicamente corretta e proficua, sotto il profilo ambientale, dei fondi pubblici, quali quelli messi a disposizione dal PSR per interventi di prevenzione e di ripristino.
Infine, la tempestività richiesta dalle azioni da compiere e la sopravvenienza delle elezioni regionali, luogo temporale di dispersioni di pur buone intenzioni, rende quanto mai auspicabile l’invio di un Commissario straordinario presso la Regione Siciliana con compiti che vedano per prima cosa la redazione del cronoprogramma delle azioni di prevenzione e di contrasto agli incendi nel territorio, la rispondenza e la disponibilità delle risorse corrispondenti, l’apprestamento di una struttura di coordinamento, l’istituzione e l’avvio dell’Osservatorio Regionale per la Difesa del Territorio dagli Incendi.
La storia degli accadimenti nelle terre del Mezzogiorno e in particolare in Sicilia ci ha assuefatti a tutto e, pertanto, non può essere escluso a priori che l’ondata degli incendi, molti dei quali non soltanto opera dell’uomo, ma appiccati con particolare scienza, altro non sia che la prosecuzione di quella strategia volta a conseguire un accordo fra mafia e istituzioni che già ebbe ampio collaudo al tempo delle stragi (1992 – 1993). Il movente diretto può essere rappresentato dalla entità dei finanziamenti per la gestione sia delle emergenze, che del post emergenza; mentre, moventi indiretti possono essere connessi alla dimostrazione che la mafia, peraltro ormai parte integrante delle aree grigie Stato, può colpire dove vuole e, nel contempo, reclutare fra le legioni di lavoratori stagionali rimasti senza lavoro proprio a causa degli incendi. Starà agli organi inquirenti e alla Magistratura impegnarsi a fondo per evitare che azioni di eventuale movente doloso possano letteralmente distruggere il volto della nostra Isola.
Si tratti di questo o, diversamente, prevalgano colpevoli ignoranze o anche l’incremento globale delle temperature e la situazione di degrado dei terreni siciliani, profondo per gravità e ampio per superfici, occorre individuare e soprattutto fare in modo che vengano messi in atto i presidi di prevenzione e di contrasto agli incendi, nonché quelli di recupero dei terreni danneggiati mediante essenze autoctone o comunque idonee e resilienti. Serve l’intervento una politica agricola che miri specificamente alla preservazione delle attività agricole e forestali specie nei territori difficili e un forte controllo sui destinatari delle misure.
Alcune azioni sono particolarmente complesse, come quelle connesse al recupero di territori agricoli e forestali che vengono abbandonati con ritmo crescente e che oggi rappresentano masse di combustibile facili all’innesco e alla propagazione. Altre azioni possono essere messe in atto e altre ancora debbono essere ricercate mediante uomini, processi e metodi capaci di puntare e “scovare” e adattare le innovazioni adatte al caso. Gli Istituti di Ricerca, specie quelli specificamente competenti nella forestazione e nella gestione dei territori agroforestali, possono e debbono essere coinvolti in questo processo di innovazioni di prodotti e tecniche.
Le scelte delle essenze forestali debbono seguire criteri che escludano quelle che divengono più facilmente preda degli incendi e che non hanno caratteristiche di resilienza, e le tecniche di prevenzione e difesa debbono essere riunite in procedure e istruzioni chiare e calendarizzate, con il contributo degli Istituzioni e competenze idonee ad occuparsi del bosco e delle aree agricole dismesse.
Il cardine della prevenzione sta nella partecipazione della Società Civile mediante l’istituzione dell’Osservatorio Regionale per la Difesa del Territorio dagli Incendi può significare attività di ausilio che cominciano dalla partecipazione alla redazione di un cronoprogramma degli adempimenti e del monitoraggio delle azioni conseguenziali, a cominciare dalla redazione del Piano Regionale Antincendio e poi dei Piani locali.
Infine, l’insediamento di un Commissario straordinario (come avvenuto per i Depuratori), dovrebbe avvenire assegnando al Commissario proprio il compito di redigere il cronoprogramma delle attività di prevenzione e contrasto agli incendi, alla verifica della sussistenza delle necessarie dotazioni e, contemporaneamente, alla costituzione e all’insediamento dell’Osservatorio, il quale osservatorio avrebbe il pregio di poter lavorare con continuità e senza sovrapporre i propri compiti a quelli della Regione Siciliana anche quando i politici e i funzionari regionali ruotassero o dovessero sospendere la propria attività per fatti elettorali. O dovessero comunque volgere altrove la propria attenzione per ragioni connesse al peso dei carichi istituzionali.
Per il
Fonti
Legambiente. Dossier 2017 – interventi della Direzione Nazionale e Regionale.
Comitato “Salviamo i boschi”.
Comitato cittadino di Taormina (ME)
Dichiarazioni d funzionari dello Stato e della Regione Siciliana riportate dalla stampa.
Dichiarazioni di esperti riportate dalla Stampa
Articoli e pubblicazioni del dott. Guido Bissanti
La formazione dei volontari a Siracusa – da articoli di Stampa
Articoli vari apparsi su stampa cartacea e pubblicazioni on line
[1] Nato dopo la fusione con il Corpo Forestale dello Stato